I morti sono nell'aria, intorno a noi, volano sopra le nostre teste.
Io ho solo 31 anni. Da tre anni sono separata e con mio marito, il mio ex marito ho continuato ad avere rapporti quasi fino alla tragedia.
Per meglio dire per un anno e mezzo abbiamo continuato a vederci quasi regolarmente, molti giorni durante la settimana, più spesso parlando, come amici, a volte facendo l'amore, la sua analista diceva che stavamo liberando la nostra sessualità che negli anni del nostro matrimonio era diventata anch'essa routine, a volte ci vedevamo solo per litigare, per le sue frustrazioni, per le sue storie di donne, per le mie storie passate, per le bugie dei nostri anni precedenti, fino a quando lui non è riuscito a partire, quasi a fuggire in un altro paese lontano, alla fine ce l'ha fatta, è andato a New York, non è riuscito a fare il lavoro che sognava, a vivere di letteratura, ma è riuscito a mettere su una casa, ad avere uno stipendio, progressivamente a dimenticarci, me e suo figlio, in quei sei mesi prima della tragedia ci siamo visti solo due volte, una volta è venuto qui a sistemare alcune pendenze burocratiche, così si era espresso, e poi sono andata io col bambino a trovarlo a vedere la sua casa, a spendere i miei ultimi soldi per scoprire che viveva con un'altra, per passare una settimana di tensione e tornare indietro e cercare di ottenere il divorzio, e soprattutto quello che mi spettava, principalmente per mio figlio, per nostro figlio, e che lui da New York aveva smesso di mandarci, e così giorni e giorni di impossibili riunioni dall'avvocato, con quel deprimente senso di impotenza di fronte alle braccia larghe di quell'uomo che diceva ci vuole tempo, signora mia, lo possiamo distruggere, ma ci vuole tempo e poi mi molestava con la sua mano sulla spalla minacciosamente penzolante verso il seno, e quell'atteggiamento di sufficienza che anche la sua segretaria mi mostrava, perché io sono straniera in questo Paese, lo tradisce ancora il mio accento e il mio cognome che da quando siamo separati tutti usano nel rivolgersi a me, e sembra quasi che tutti siano convinti che abbia avuto quello che meritavo perché tanto lo pensano tutti che l'avevo sposato per venire in Italia, per raddrizzare la mia vita, in fondo sono una ragazza facile, perciò anche l'avvocato ci prova, perciò ci provano anche gli amici di mio marito, del mio ex marito, con l'aria di volermi consolare, me ne dicono di tremende sul suo conto, ma sono sicura che quando lo sentono o magari vanno a trovarlo da ospiti, nella accogliente casa di New York, lo guardano con aria complice e gli confermano che ha fatto bene, in fondo è la sua vita, e che tutto sommato visto che anch'io l'ho tradito qualche volta non poteva fare altrimenti, forse gli raccontano che ho dato loro l'impressione di volerci provare, di essermi messa in caccia di un uomo, di un buon partito come si dice da queste parti, e io invece ho solo ceduto qualche volta, dopo un bicchiere in più, dopo una giornata passata a piangere, dopo un altro debito, proprio nella mia casa, in quello che una volta era il nostro letto, e che per mesi mi è sembrato troppo largo per me, e freddo, e che a un tratto non sapevo più come fare a conservare perché non avevo un lavoro, ho consumato mese dopo mese tutti i pochi soldi che prima di partire mi mandava o mi consegnava e poi tutti i nostri risparmi che bontà sua aveva lasciato a noi alla sua partenza per gli Stati Uniti, ma a un tratto ho cominciato ad accumulare debiti, e nessuno ha saputo offrirmi un lavoro, anche perché non avevo dove lasciare il bambino, persino i miei genitori ai quali l'avevo portato dopo qualche tempo me l'hanno rispedito indietro perché non avevano tempo di badare a lui, e tutti a chiedermi perché non fossi tornata nel mio Paese, ma ora il mio Paese era questo, era qui che avevo una casa, una lingua, quella che parlava mio figlio, e mi sembrava così assurdo che non avessi neanche modo di far valere i miei diritti quando tutti mi dicevano che non dovevo arrendermi, che avevo tutte le ragioni, e se mi abbandonavo allo sconforto o a qualche uomo più premuroso di altri, poi ero subito pronta a reagire, a cercare di trovare nuove soluzioni, ma giorno dopo giorno tutto diveniva più difficile, a volte arrivavo a chiedermi persino se sarei arrivata al momento di non poter comprare da mangiare, quando incontrai quell'uomo così viscido, insistente, che sembrava conoscere la mia storia come se gliela avesse raccontata l'avvocato o il mio ex marito, ero proprio in uno di quei periodi, in quel momento non esclusi neanche di farmi pagare per andarci a letto, sebbene mi facesse ribrezzo, anzi forse proprio perché mi faceva senso, e lo feci e lui mi pagò e continuò a corteggiarmi a lungo, ma non era me che voleva, voleva mio figlio, all'inizio mi parlò di un film, voleva fargli un provino perché aveva un'aria da monello, disse, che poteva funzionare nelle pubblicità, David aveva quattro anni, ed era un bambino molto socievole, nonostante da quando aveva cominciato a sentire il peso della mia fatica avesse frequenti momenti di tristezza, quando quell'uomo mi disse che c'erano persone che per girare dei film un po' particolari, tanto il bambino è piccolo, non può capire, mi avrebbero offerto tanti soldi, risposi che era pazzo, lui con la sua fredda lucida serenità mi fece osservare che ero in una situazione molto grave e che se anche nei confronti di mio marito potevo avere tutte le ragioni, se non fossi stata in grado di occuparmi di mio figlio avrebbero potuto togliermelo, affidarlo ad altri, soprattutto se si fosse scoperto che mi prostituivo, e lui era lì, senza dirlo, a mostrarmi che era vero, che era accaduto, era assurdo, ma il giorno dopo mi staccarono il telefono, l'unica debole arma che avevo fino allora avuto per comunicare con mio marito, per fargli salutare David, per provare a ricordargli quello che stava accadendo, perché sentisse il senso di colpa, perché si occupasse un po' almeno di lui, e fu come quando ti si rompe un bicchiere in una casa distrutta da un terremoto, una cosa così piccola, così insignificante in mezzo alle macerie, eppure quel che basta per scivolare al suolo e cominciare a piangere le lacrime che avevi trattenute mentre le pareti si sgretolavano sulla tua testa, e acconsentii, accettai di far prostituire mio figlio, sapevo che era così, sapevo cosa gli avrebbero fatto, ma pensai che forse dopo avrei avuto la forza, la disperazione e anche il denaro per cambiare quella situazione e quell'uomo, il mio ennesimo aguzzino per tranquillizzarmi mi disse che avrei potuto stare non troppo lontana da David, in un'altra stanza di quella casa in cui chi mi pagava avrebbe potuto girare quel film un po' particolare, così si esprimeva, ed era una casa molto grande, fuori città con un grande parco e io fui invitata ad accomodarmi in una stanza del primo piano, lontana dai rumori delle altre camere, e David seguì allegramente quegli uomini che lo portavano giù per le scale, filmandolo, il gioco del film lo attraeva, e io trascorsi quella terribile mezz'ora dicendomi che era giusto, che era un giusto sacrificio, che David era troppo piccolo per capire, che tutto si sarebbe sistemato poi li vidi uscire nel parco, era l'imbrunire, David era nudo e non rideva più e c'era con lui un uomo anziano con i capelli bianchi che non avevo mai visto, vestito con una elegante vestaglia da camera e dietro di lui due uomini, il mio compratore e un altro con una telecamera leggera, se forse non li avessi visti sarei rimasta lì fino alla fine, ma solo in quel momento mi resi conto della follia, dell'orrore di quel momento, e aprii la porta e scesi le scale e uscii nel parco e corsi verso un suono, una voce di bambino spaventata e arrivai un attimo prima, giusto in tempo per vedere quell'uomo anziano dietro a mio figlio tagliargli la gola con un coltello mentre una telecamera filmava la scena.
I morti sono nell'aria, intorno a noi, volano sopra le nostre teste. Sopra di me, dovunque io vada.